Contributo a fondo perduto alle piccole imprese in difficoltà a dicembre 2019
La misura del contributo a fondo perduto, previsto dal DL Rilancio per sostenere le imprese in crisi dopo il coronavirus, è stato esteso anche alle realtà imprenditoriali più piccole che risultavano essere in difficoltà al 31 dicembre dell’anno scorso. Vediamo a chi spetta e come ottenerlo.
Lo stato di “difficoltà” delle imprese, come definito dalle norme comunitarie prima delle modifiche di cui stiamo discutendo, richiamate anche dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n.15/E del 13 giugno 2020, prevede che per le PMI[1] esista lo stato di difficoltà al 31 dicembre 2019:
- “nel caso di una società a responsabilità limitata (diversa da una PMI costituitasi da meno di tre anni), qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate. Ciò si verifica quando la deduzione delle perdite cumulate dalle riserve (e da tutte le altre voci generalmente considerate come parte dei fondi propri della società) dà luogo a un importo cumulativo negativo superiore alla metà del capitale sociale sottoscritto.
- nel caso di una società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società (diversa da una PMI costituitasi da meno di tre anni), qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate.
qualora l’impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori; - qualora l’impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione”.
Per le imprese diverse dalle PMI, la difficoltà esiste qualora si verificano le seguenti due condizioni:
- il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell’impresa sia stato superiore a 7,5;
- il quoziente di copertura degli interessi dell’impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0.
La Commissione UE ha formulato alcune condivisibili osservazioni, secondo cui “Le microimprese e le piccole imprese (ovverosia, le imprese con meno di 50 dipendenti e meno di 10 milioni di EUR di fatturato annuo e/o bilancio annuale) contribuiscono sostanzialmente, in termini aggregati, alla creazione di posti di lavoro e alla crescita nell’Unione, generando oltre il 37 % del valore aggiunto e quasi il 50 % dei posti di lavoro del settore delle imprese non finanziarie. Durante la crisi attuale, le microimprese e le piccole imprese sono state particolarmente colpite dalla carenza di liquidità causata dalle ripercussioni economiche della pandemia di Covid-19. Lo shock senza precedenti sul versante dell’offerta e della domanda dovuto alla crisi ha anche esacerbato le difficoltà che tali imprese generalmente incontrano per accedere ai finanziamenti sul mercato, rispetto alle medie e grandi imprese. Se non affrontate, tali difficoltà potrebbero costringere al fallimento un gran numero di microimprese e di piccole imprese, causando gravi perturbazioni per l’intera economia dell’Unione.” Ha quindi ritenuto opportuno “… includere nel quadro temporaneo aiuti di Stato a favore di tutte le microimprese e le piccole imprese, anche se dovessero rientrare nella categoria delle imprese in difficoltà finanziarie al 31 dicembre 2019, a condizione che non siano soggette a procedura concorsuale per insolvenza ai sensi dei rispettivi diritti nazionali e che non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio (che non abbiano rimborsato) o aiuti per la ristrutturazione (e siano ancora oggetto di un piano di ristrutturazione). Tenuto conto delle loro dimensioni limitate e del loro limitato coinvolgimento nelle operazioni transfrontaliere, la Commissione ritiene che gli aiuti di Stato alle microimprese e alle piccole imprese siano meno idonei a falsare la concorrenza nel mercato interno e ad incidere sugli scambi all’interno dell’UE rispetto agli aiuti di Stato concessi alle medie e grandi imprese.”
L’attuazione della modifica regolamentare[2] è avvenuta con l’inserimento nel regolamento UE 651/2014 di una deroga grazie alla quale “gli aiuti possono essere concessi alle microimprese o alle piccole imprese (ai sensi dell’allegato 1 del regolamento generale di esenzione per categoria) che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione”.
A chi spetta il contributo a fondo perduto
La modifica intervenuta ha una portata rilevantissima non solo perché amplia la platea dei possibili beneficiari del contributo ma soprattutto perché interviene a specificare in maniera molto più netta le ipotesi originariamente previste dalla lettera c) del regolamento UE sopra citato. Infatti, rispetto alla previsione generica, che escludeva dal beneficio l’impresa che si trovasse nelle “…condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori”, la modifica intervenuta circoscrive la causa ostativa alle imprese che “non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione”.
L’assoggettamento ad una procedura concorsuale è una fattispecie oggettivamente rilevabile, anche se potrebbe porsi qualche interrogativo riguardo il momento a partire dal quale una impresa debba intendersi assoggettata ad una procedura. Per esempio, nelle ipotesi di concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione di cui al capo III della Legge Fallimentare, si potrebbe porre il dubbio se la data sia quella di presentazione della domanda ovvero quella di ammissione alla procedura. Per ragioni logico-sistematiche e di prudenza ritengo che sia preferibile aderire alla prima delle due ipotesi sopra indicate.